Il disprezzo necessario, cap. 3

In questo tempo, dove io e tutti gli altri viviamo pieni d’incertezza, il successo non viene più dal potere. Né imperatori, né re, né principi o principesse. Essere imprenditore di successo è il successo. Oppure ottenere una vasta popolarità mediatica è il successo. Ora, in Italia e nel mondo, una giovane donna possiede entrambe le cose ma cosa vende esattamente? Non voglio una risposta, è solo una premessa retorica.


Il tempo è tornato a portare nuvole grigie e fresche negli ultimi giorni. Il verde è brillante di linfa.


La felicità è avere amici, affetti, un senso di giustizia nell’aver fatto le cose nella maniera migliore. La felicità è essere consci di aver agito bene. Togliamo gli affari e la popolarità, uno alla fine si chiede: “Ho fatto la scelta giusta?”. Secondo me dovrebbe domandarselo ogni sera. Eliminiamo tutto, anche il presente attuale nel quale ognuno si trova, buono o cattivo che sia, e chiediamo: “Come ho agito oggi?”.
Ecco la domanda fondamentale.
Per quanto riguarda me, ho fatto perlopiù errori e poche cose giuste. Pochine, soprattutto in ciò che era utile alla carriera. Ho avuto una libertà viziata e ignorante, perché ho avuto poco sapere, quindi poca libertà. Il sapere assomiglia alla libertà, non sapere è una condanna a una forma di destino.
“Ma oggi, adesso, ho agito bene? Ho fatto il possibile e nel modo migliore? Ho studiato abbastanza? Oppure manca qualcosa che io abbia considerato?”.


È quarant’anni che mi sento in difetto, nonostante abbia capito che è tutto così transitorio eppure eterno al contempo, che la vita di per sé è sempre giusta ma noi no, non lo siamo, non sempre. Noi cerchiamo, tentiamo, vogliamo e sbagliamo. Tranne chi ha fiuto, chi conosce ed ha fortuna. Singolarmente ognuno scruta in se stesso e controlla se ha fatto il possibile per ottenere il suo successo. Oppure guarda fuori e trova all’esterno tutto ciò che è necessario detestare oppure credere di amare per distrarsi dall’esame di coscienza.
La via di mezzo è ancora una volta la più corretta.
“Nelle cose che accadranno, avrò il giusto spirito critico”, ma vorrei anche provocarle le «cose» anziché aspettarle e basta. Un uomo vuole anche creare e sentirsi dire “Ben fatto”, dico io, “Non si può smettere di desiderare”.
Pensare è necessario nel senso di vitale. Riflettere è un obbligo. Si può solo scegliere se farlo meglio o peggio, a meno che non si sia uno di quelli a cui le cose vanno abbastanza bene e l’affanno sia sempre poco. I benestanti, quelli che però non devono sostenere il peso di un grande successo, vivono pensando poco e fluttuano in una esistenza gradevole dove non sono mai i protagonisti. Loro conoscono la perversione e la noia. Chi è povero o sfortunato, a meno che non molli il colpo e si abbandoni alla bruttezza più brutale, è costretto a riflettere ogni giorno per ottenere qualcosa di più. Per quelli a cui non girano le cose essere protagonisti diventa un obbligo, essendo loro al centro costante della propria esistenza.
“Ho conosciuto un sacco di gente capace, sveglia, arrivista al punto giusto, concreta. Ci ho vissuto in mezzo. Sono belli e fortunati, mi piacciono ma non gli assomiglio abbastanza. Anche loro hanno aspirazioni di successo ma mangiano e bevono meglio degli altri. E fingono anche meglio degli altri nel dissimulare una insoddisfazione. Loro stanno in mezzo alle cose, come i cortigiani. Di loro si leggono parole, si ascoltano canzoni, si osservano immagini, e di loro si imitano i modi. Mediocrità bellissima”.
Se io avessi successo sarebbe un paradosso. O forse sarei infelice o semplicemente un mediocre.


“Lei non la amo e non l’ho mai amata. È da anni che ripenso a quell’altra con cui ho sbagliato e vorrei tornasse sotto forma di un’altra ancora, nuova, con cui fare le cose giuste stavolta”.
La felicità è aver capito esattamente come e quando fare la cosa giusta, per Dio.

Il disprezzo necessario, cap. 2

L’amore esiste.

Nonostante le banalità, le pubblicità, i discorsi cinici durante gli aperitivi, l’amore resiste. È raro. Nella villa in cui passava la maggior parte delle giornate, in una routine evanescente, si muoveva tra le stanze semi vuote, il giardino in fiore, fumando e credendo di aver avuto l’occasione esatta e di averla lasciata andare. “L’amore esiste” pensava, “ma l’ho sprecato. Mi è toccato, mi ha toccato. Non ero pronto. Credevo tornasse, mi sbagliavo. L’amore esiste ma non per me. È crudele avere un’occasione sola in tutta una vita. È uno scherzo di cattivo gusto. L’esistenza sa essere sadica. Ma sono tutte paranoie, forse”.

Farsi domande è umano. Cercare di rispondersi è diabolico. Lo stava imparando, a quarant’anni.

“C’è un sacco di gente che fa ridere, riesce a risultare simpatica. Accumula pubblico. La ammiro. Non sono cinico, sono ironico. Non sono critico, sono un esegeta. Cos’altro? Non me lo ricordo”.

La stava aspettando. Credeva che con lei avrebbe potuto mettere a posto le cose, diventare concreto quindi realista. E avrebbe fatto in modo di non innamorarsi. Prima doveva risolvere la questione di avere un pubblico.

L’amore esiste e resiste.

Già detto? Sì.

Quando il dubbio mi striscia dentro fissandomi con gli occhi gialli e saturi di rimorso, appena la forza morale abbassa piegando le sue ali e sento la vertigine attirarmi verso il baratro più scuro, io mi blocco. E penso di non sapere nulla, a parte che l’amore è ancora la forza più potente dell’universo.

Allora bevo un whisky in meno e torno a osservare la vita, vedo quelli che si nascondono dietro il sarcasmo e il cinismo e dico tra me: “Avete bisogno d’amare. Fate un grande sforzo, gente. Dai, è necessario. Ne abbiamo bisogno tutti. A parte i soldi, siamo condannati ad amare. Meglio ammetterlo, così viene meglio anche il resto. Altrimenti ci ritroviamo vecchi e pieni di debiti d’affetto più che d’affitto. Abbassa quell’arma, fratello, oppure spara e renditi conto che non è quella la soluzione. Ripaga, vai a rubare come Lupin piuttosto, l’amore per il mondo”.

Non so nulla, a parte che l’amore è ancora la forza più potente dell’universo.

E voglio dirlo, che importa? Chi potrebbe dire il contrario? Chi? Chi potrebbe dire di preferire l’abbraccio radioattivo di un’esplosione di una bomba nucleare? Chi vorrebbe un bacio da un megatone di plutonio? Chi le carezze all’uranio impoverito? Chi?

Nessuno, esatto.